venerdì 10 maggio 2019

A San Michele chiude l'oratorio: cos'è diventata Foggia?



(la foto in home è di FoggiaCittàApertaQuanto è successo all'oratorio della parrocchia San Michele, a Foggia, è molto grave. Trovarsi costretti a limitare l'accesso a uno spazio di gioco e di formazione è una scelta dolorosa che rende sgomenti e pone un interrogativo su cosa sia diventata la nostra città, su quale sia il livello di violenza e disprezzo delle regole che si è raggiunto. Vorrei fosse chiara una cosa: una situazione così grave e delicata ci interroga tutti sulle responsabilità collettive di un imbarbarimento che fa male. Si tratta di una questione che va affrontata con umiltà, senza spacciare soluzioni miracolose a buon mercato.

Lo scorso novembre, il Comitato Unicef Foggia ha lanciato una proposta attraverso la sua presidente, Maria Emilia De Martinis: la convocazione degli Stati Generali dei diritti dei bambini. I ragazzini che si rendono protagonisti di episodi di bullismo risentono di una situazione sociale, educativa e familiare evidentemente molto difficoltosa. Per questo credo che la proposta del Comitato Unicef Foggia vada accolta. Bisogna fare qualcosa, bisogna farlo subito.

Nella nota attraverso la quale il Comitato Unicef Foggia lanciò quella proposta, si legge che Foggia non è una città per bambini”, come confermano tristemente le classifiche sulla qualità delle vita nelle province italiane. Quello del capoluogo è l’esempio e il paradigma per la maggior parte delle piccole e grandi città della provincia, purtroppo. Per i bambini che vivono condizioni familiari, sociali ed economiche di disagio, oltre al sostegno che può arrivare o meno da associazioni e slanci di singoli cittadini, non c’è una rete, una carta dei servizi, un programma che punti in modo sistematico e strutturale a sottrarli dalla marginalità per sostenerne la crescita e le prospettive di futuro". Questo è quanto si legge nella nota di qualche mese fa. Una nota nella quale si leggeva che "ci sono bambini, con le loro famiglie, che crescono in abitazioni di fortuna, case che sono poco più che baracche, con freddo e umidità d’inverno, caldo infernale d’estate. I quartieri popolari sono poco più che dormitori, privi di centri di aggregazione, piste ciclabili e parchi realmente fruibili e manutenuti, strutture pubbliche per il tempo libero con programmi e materiali ludico-educativi".

“Il nostro", spiegò in quella nota Maria Emilia De Martinis, "è un osservatorio privilegiato e doloroso: privilegiato perché siamo a contatto quotidiano con i problemi, doloroso perché constatiamo giornalmente la disperazione e la necessità di aiuto che non trovano risposte adeguate”. C’è una forte discrepanza tra i servizi sulla carta e quelli effettivamente messi a disposizione di chi ne ha bisogno.

A Foggia, bambini e anziani sono costretti a fare la gimcana tra immondizie di ogni tipo. I marciapiedi ne sono pieni. Spesso proprio i più piccoli e gli over65enni, oltre ai disabili di ogni età, hanno le maggiori difficoltà a poter percorrere liberamente e in tutta sicurezza le vie della città, anche a causa del dissesto di pavimentazioni e manto stradale, per non parlare delle barriere architettoniche e di quelle rappresentate dalla maleducazione degli automobilisti. Se non fosse per alcune parrocchie, non ci sarebbero luoghi di aggregazione, soprattutto d’estate. “Ci stiamo assuefacendo al degrado”, disse la presidente Maria Emilia De Martinis, “ormai fa parte del nostro paesaggio urbano. La cosa più triste è pensare che anche i nostri bambini possano abituarsi a questo stato di cose, come se fosse normale. Non è normale e non possiamo assuefarci. Tutto questo fa bene ai bambini? Possiamo accettare che continuino a vivere in una situazione così degradata?”.

Concordo pienamente con gli interrogativi posti dal Comitato Unicef Foggia e dalla sua presidente Maria Emilia De Martinis. 

Nessun commento:

Posta un commento